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BREVE STORIA DI TORINO
Torino è da sempre una piccola grande capitale del nostro paese.
Ufficialmente la storia della città inizia intorno al 27 a.C, con il nome
romano di Augusta Taurinorum. Secondo le leggende quest'ultimo sorse
sull'insediamento di Taurasia, mitica capitale dei Tauri, incendiata da
Annibale nella lunga marcia di avvicinamento a Roma.
Augusta Taurinorum rientrava nei piani organizzativi di Roma per l'area del
Piemonte appena conquistato che essendo terra di ingresso in Italia era
particolarmente strategica. |
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Secondo i piani la colonia doveva essere
l'avamposto romano verso le Gallie e centro delle principali vie di
comunicazione dell'epoca verso il mondo transalpino, ai piedi dei principali
valichi alpini e all'estremità occidentale della pianura Padana.
La città venne disegnata con il tradizionale impianto ortogonale delle
colonie romane, e cioè con isolati quadrati e una struttura muraria quasi
quadrata. Se nei primi secoli della sua storia la città prosperò nell'Italia
pacificata da Roma, con la crisi dell'Impero la sua posizione strategica
assunse maggiore importanza, causandole non pochi danni durante il conflitto
tra Costantino e Massenzio e, alla caduta dell'Impero romano, al passaggio
costante di orde barbariche, la città fu devastata più volte. L'arrivo dei
Longobardi portò relativa quiete: Torino fu capitale di uno dei quattro
ducati dell'odierno Piemonte e visse un paio di secoli di sufficiente
quiete. Poi l'inevitabile scontro tra Longobardi e Franchi ebbe in Torino
uno dei suoi terreni di battaglia. Dopo la sconfitta dei Longobardi e
l'ascesa dei Franchi la città divenne sede giudiziaria.
Con la crisi dell'Impero si affacciò in città il cristianesimo: il primo
vescovo di Torino fu S. Massimo; la prima cattedrale, del IV secolo, sorse
nei pressi dell'attuale Duomo e scavi recenti ne hanno portato in luce le
fondamenta. In quel periodo la vita cittadina fu dominata dai monasteri e
dalle figure carismatiche dei suoi vescovi, tra i quali Claudio, coinvolto
anche in spedizioni contro le incursioni saracene che pochi anni dopo, nel X
secolo, avrebbero decretato la rovina della potentissima Abbazia di Novalesa,
in val di Susa. Il X secolo determinò anche una delle trasformazioni più
importanti del territorio piemontese e Torino divenne il centro principale
della marca ceduta da re Berengario II ai conti di Auriate e comprendente la
val di Lanzo, l'Astigiano e la costa compresa tra Finale Ligure e l'odierno
Principato di Monaco.
Con il marchesato di Adelaide gli interessi della famiglia si spostarono
verso la valle di Susa, facendo proprio di Susa il centro più importante del
suo territorio. E lo spostamento degli interessi fu sottolineato dal
matrimonio di Adelaide con Oddone di Moriana, appartenente alla dinastia che
governava l'altro lato del Moncenisio e che avrebbe poi dato vita ai Savoia.
Mentre i Savoia rafforzavano il loro dominio nei territori tra Francia e
Italia, Torino viveva l'ultima stagione di libero Comune raccolto intorno al
suo vescovo, massima autorità cittadina, essendo Imperatore e marchesi
entità piuttosto lontane. Nei conflitti tra Impero e Papato, che videro
coinvolti Federico il Barbarossa e gli Ottoni, Torino si schierò via via con
chi le garantiva l'indipendenza dal minaccioso potere dei Savoia e si trovò
a subire l'egemonia della più ricca Asti.
L'avvento degli Angiò e di Guglielmo VII del Monferrato non impedirono, nel
1280, il temuto passaggio della città ai Savoia e con esso la fine del
libero Comune di Torino. L'annessione della città al territorio sabaudo non
mutò per lungo tempo il clima politico torinese: le lotte tra i guelfi (filosabaudi)
e i ghibellini (filomonferrini e astigiani) continuarono, determinando, con
sconfitte e vittorie, le ascese sociali.
Il potere si manifestava attraverso i principi di Acaia, feudatari
piemontesi, e il ramo principale della famiglia, quello dei conti di Savoia,
ormai potenti sui due versanti delle Alpi. Il confitto tra i due rami
raggiunse il culmine nel XIV secolo. Poi, nel 1418, gli Acaia furono
costretti a cedere anche il controllo formale del loro territorio ai potenti
cugini Savoia. Per la città non ci fu alcun cambiamento traumatico: da 50
anni infatti gli Acaia non avevano più indipendenza politica.
Dall'epoca Rinascimentale a Pietro Micca
L'avvento dei Savoia coincise, nel Quattrocento, con la trasformazione di
Torino da piccola città, al centro di uno dei più importanti crocevia
dell'Italia occidentale, in città di dimensione regionale. Nel 1404 i Savoia
fondarono l'Università e nel corso del secolo trasformarono la città nel
polo amministrativo ed economico dei loro domini italiani. Alla fine del
secolo Torino contava 10.000 abitanti, che vivevano in una delle principali
città di un ducato in difficile equilibrio tra i due versanti delle Alpi.
Il fatto che i sudditi dei due versanti alpini non parlassero la stessa
lingua non facilitò le cose ai Savoia, costretti, di fatto, a una
bipartizione nell'organizzazione interna.
Chambéry, capitale del ducato, e
Torino, rivaleggiarono per molto tempo, con quest'ultima che poco a poco, si
trasformò nel vero centro di potere sabaudo, concentrando mano a mano le
varie funzioni di capitale dapprima esercitate esclusivamente da Chambery.
Durante il regno di Carlo II, padre di Emanuele Filiberto, Torino diventò,
almeno informalmente, la capitale del ducato sabaudo: l'apparato
amministrativo e giudiziario torinese avevano dimensioni molto più
importanti di quello attivo nella capitale, i duchi, appena saliti al trono
entravano a Torino e non a Chambery.
Anche per numero di abitanti Torino superava Chambery. La scelta di Emanuele
Filiberto di portare la capitale a Torino, nel 1563, dopo il trattato di
Chateau-Cambresis, che gli ridava il possesso dei suoi domini, al termine
della lunga guerra tra Francia e Spagna, aveva quindi radici antiche.
Torino, al di qua delle Alpi, era meno esposta di Chambery agli attacchi
della Francia, e rispondeva meglio all'intenzione di Emanuele Filiberto di
spostare verso l'Italia gli interessi della dinastia. Diventata capitale di
uno dei più ambiziosi stati assolutisti italiani, Torino fu radicalmente
trasformata nel giro di pochi anni, per meglio rispondere alle esigenze dei
Savoia.
Emanuele Filiberto, principe guerriero e vincitore della battaglia di S.
Quintino in nome degli alleati spagnoli, dotò immediatamente la sua capitale
di una modernissima cittadella, realizzata nel giro di due anni, dal 1564 al
1566 su progetto di Francesco Paciotto. All'inizio degli anni '70 Torino
appariva chiusa nel suo antico tracciato romano e protetta dalla formidabile
Cittadella, una delle più ammirate dell'Europa del tempo. Emanuele Filiberto
impose anche il trasferimento della sede del potere ducale: se negli anni
precedenti era sempre stata l'attuale Palazzo Madama la sede dei duchi o di
chi per loro esercitava il potere, con lui la corte si trasferì nel Palazzo
del Vescovo, che doveva ospitarla solo temporaneamente e che invece fu col
tempo trasformato nell'attuale Palazzo Reale.
Se Emanuele Filiberto pose le fondamenta di Torino capitale, fu suo figlio
Carlo Emanuele I a dare il via alle trasformazioni urbanistiche: sotto il
suo regno fu infatti realizzato il primo ampliamento cittadino, verso sud,
con la costruzione dell'attuale via Roma, che conduceva da piazza Castello
alla Porta Nuova. Il periodo di pace, dal 1601 al 1613, permise a Carlo
Emanuele di trasformare anche il cuore della città, diventato il luogo del
potere assolutistico-dinastico, con l'abbellimento del Palazzo Reale e la
costruzione della nuova Galleria.
Il volto di Torino era dunque quello di una città in pieno fervore
costruttivo, ma assolutamente controllata dal suo duca: chiunque volesse
costruire nel nuovo ampliamento doveva obbedire alle indicazioni fornite da
Carlo di Castellamonte, architetto di corte e autore delle splendide
facciate di piazza S. Carlo. Nel nuovo ampliamento, a sottolineare la
volontà razionalizzatrice del duca, era stato mantenuto l'antico impianto
ortogonale romano. Ma l'ansia costruttiva di Carlo Emanuele si manifestò
anche nel territorio, con la realizzazione della splendida Mirafiori e di
Regio Parco.
Lo sviluppo di Torino conobbe una brusca frenata nel 1630, con la terribile
peste che decimò gli abitanti. I regni dei successori di Carlo Emanuele
furono deboli, funestati dalle morti precoci dei duchi e caratterizzati
dalle reggenze delle Madame Reali, Cristina di Francia prima e Giovanna
Battista di Savoia-Nemours poi. Cristina si appoggiò costantemente alla
Francia per garantirsi la legittimità della Reggenza, contestata dai potenti
cognati Maurizio e Tommaso di Savoia; il risultato del conflitto fu una
larvata occupazione dell'esercito francese della città e le interferenze di
Francia, accanto alla Madama Reale, e Spagna, accanto ai due fratelli
Savoia, nella vita politica del ducato.
Il clima si rasserenò con l'ascesa al trono di Carlo Emanuele II nel 1663 e
con la successiva reggenza di sua moglie Giovanna Battista di Savoia-Nempurs.
In questi anni fu stabilito il secondo ampliamento cittadino, verso il Po,
con la realizzazione dell'odierna via Po, unica via inclinata della perfetta
scacchiera romana che continuava a caratterizzare l'urbanistica torinese.
Sono di questo periodo altre splendide realizzazioni architettoniche.
Nel 1659 iniziarono i lavori della Venaria Reale che, si disse, causò
l'invidia dei Francesi, sempre pronti a distruggerla nelle guerre
successive. Alla realizzazione della Reggia, nuova delicia extra-moenia, e
degli arredi del Palazzo Ducale parteciparono numerosissimi artisti. Di lì a
poco, nel 1666, sarebbe arrivato in città Guarino Guarini, l'architetto che
con Filippo Juvarra avrebbe caratterizzato il centro cittadino.
La prima opera firmata dal Guarini è la Cappella della Sindone, negli anni
seguenti avrebbe realizzato il Collegio dei Nobili (attuale sede del Museo
Egizio), il Palazzo dei Savoia-Carignano (sede del primo Parlamento
italiano) e la chiesa di S. Lorenzo con la sua splendida cupola.Nel 1684
salì al trono Vittorio Amedeo II. La crisi economica e l'incertezza
politica, dovuta ai conflitti sempre latenti tra Francia e Spagna,
caratterizzarono i primi anni del suo regno.
Tra il 1701 e il 1714 la guerra di successione spagnola mise a dura prova
Torino, che si trovò a lungo assediata dai Francesi (fu in occasione di
questo assedio che il duca promise alla Vergine la costruzione di una
basilica sul colle di Superga se avesse liberato la città). L'assedio si
protrasse dal 1705 al 1706 e fu tolto grazie all'intervento congiunto di
Vittorio Amedeo e del cugino Eugenio di Savoia-Soissons, uno più brillanti
generali del Settecento. Alle ultime fasi dell'assedio appartiene anche
l'eroico gesto di Pietro Micca, che perse consapevolmente la vita per
tagliare le strade della Torino sotterranea ai Francesi.
Dal Regno di Sardegna all'Unità d'Italia
Il Trattato di Utrecht, nel 1713, trasformò il Ducato in Regno e assegnò ai
nuovi re anche il dominio della Sicilia, pochi mesi dopo sostituita con la
Sardegna: nasceva così quel Regno di Sardegna che tanta parte avrebbe avuto
nella storia d'Italia. La capitale del nuovo Regno fu trasformata dal nuovo
ambizioso re sotto la sapiente regia di Filippo Juvarra, uno dei maestri del
Barocco italiano.
L'architetto siciliano firmò alcuni dei capolavori dell'architettura
torinese: la nuova facciata di Palazzo Madama, i Quartieri Militari, la
Basilica di Superga, voluta dal Re per rispettare il voto fatto alla
Vergine, le chiese di S. Filippo Neri e del Carmine, la splendida palazzina
di caccia di Stupinigi, insuperato capolavoro del Barocco europeo. Vittorio
Amedeo II e i suoi successori misero mano a una serie di riforme in senso
assolutistico che dovevano esautorare i poteri delle autorità cittadine e
che furono accolte con grande resistenza dalla città.
L'avventura di Napoleone Bonaparte in Italia lasciò sul trono Vittorio
Amedeo III, ma, all'ascesa di Carlo Emanuele IV, debole e inetto, portò
all'annessione dei territori sabaudi alla Francia. Nel 1799 l'intervento
della coalizione austro-russa cacciò provvisoriamente i Francesi, ma, nel
1800, dopo la vittoria di Marengo, le truppe napoleoniche rientrarono a
Torino per rimanervi 14 anni. La città fu spogliata della sua cinta muraria
e i beni ecclesiastici furono incamerati dallo Stato.
La trasformazione urbanistica imposta dai Francesi comportò l'abbattimento
dell'antica galleria che, in piazza Castello, univa il Palazzo delle
Segreterie a Palazzo Madama. Nel 1802 il Piemonte fu annesso alla Francia e
Torino divenne una delle 25 principali città della Repubblica francese.
L'annessione comportò l'adozione dell'organizzazione politico-amministrativa
francese e il riordino delle finanze pubbliche. Il Congresso di Vienna
restituì Torino e il Piemonte ai Savoia e con il ritorno di Vittorio
Emanuele I la città ritrovò il suo status di capitale.
Per salutare la Restaurazione e l'antico regime il re fece costruire la
chiesa della Gran Madre di Dio, sull'altro lato del Po, di fronte
all'odierna piazza Vittorio Veneto. Ma l'ancien regime non poteva essere più
quello di prima: le inquietudini romantiche, le aspirazioni all'unità
d'Italia, i movimenti carbonari e poi mazziniani erano i primi segni del
Risorgimento. E alla morte di Carlo Felice, con l'estinzione del ramo
principale dei Savoia, il trono passò al ramo cadetto dei Savoia-Carignano:
divenne re Carlo Alberto, che in gioventù aveva acceso le speranze di
patrioti e liberali.
Negli anni '30 il re si dedicò allo svecchiamento dello Stato: la sua azione
riformatrice si muoveva però nel solco della tradizione. Nel 1848 concesse
la libertà di culto ai valdesi e, finalmente, lo Statuto. Ma il 1848 fu
soprattutto l'anno in cui la dinastia sabauda si pose alla testa del
movimento unitario italiano: Carlo Alberto, spinto dall'entusiasmo popolare
e per controbilanciare le aspirazioni repubblicane presenti in settori
influenti dei patrioti, dichiarò guerra all'Austria.
La sconfitta di Novara, nel 1849, pose fine al suo regno. Salì al trono il
figlio, Vittorio Emanuele II, e con lui iniziò la stagione risorgimentale.
Il suo primo ministro, Camillo Benso di Cavour, grazie a un'astuta tela di
rapporti diplomatici seppe avvicinare la Francia alla causa italiana, contro
l'Austria asburgica. Torino divenne il faro e il porto di tutti gli esuli e
i liberali italiani, che anteposero alla causa repubblicana quella
dell'unità d'Italia, da ottenere con la collaborazione del Re di Sardegna.
La Seconda Guerra d'Indipendenza, e la Spedizione dei Mille permisero, nel
1861, di inaugurare a Torino il primo Parlamento italiano: vi sedevano gli
eroi dell'Unità d'Italia, da
Giuseppe Garibaldi a
Giuseppe Mazzini, da
Alessandro Manzoni a
Giuseppe Verdi. Torino, ornata a festa, accolse le
genti di ogni parte d'Italia, accorse a celebrare la conquistata unità.
Dall'Ottocento ai giorni nostri
Nel 1864, in vista del definitivo trasferimento a Roma, la capitale del
Regno d'Italia fu portata da Torino a Firenze. La notizia non fu accolta
bene dai torinesi, che si riversarono per le strade dando vita a giorni di
disordini. Dopo quattro secoli Torino perdeva il suo status di capitale dei
Savoia ed era costretta a cercarsi una nuova identità. Il trasferimento
della corte e di tutto l'apparato amministrativo aveva provocato una
depressione dell'economia locale.
Nel 1884 l'Esposizione Generale, al Valentino, costituì l'occasione per far
risvegliare la città dal torpore in cui era caduta: fu costruito il Borgo
Medioevale e fu risistemato il Parco del Valentino. Nel 1897, in seguito
alla grave crisi economico-finanziaria dei governi Crispi, entrarono nel
Consiglio comunale torinese i socialisti. Fu una novità importante: il
Comune ebbe una parte di primo piano nella trasformazione dell'ex capitale
in città industriale.
L'amministrazione locale di quegli anni fu impegnata nel miglioramento dei
collegamenti ferroviari, dell'istruzione, dell'assistenza sociale. In quegli
anni nasceva anche l'industria automobilistica: la FIAT sorgeva sulla
tradizione del piccolo artigianato piemontese, ma con forti spinte
innovative, grazie alle intuizioni di Giovanni Agnelli. Accanto alla FIAT
nacquero anche la Lancia e l'Itala. La municipalizzazione dei trasporti
urbani e la statalizzazione delle ferrovie contribuirono alla nascita di
un industria meccanica torinese.
Torino divenne, al tramonto del secolo, il primo centro italiano in cui si
sviluppò la nuova arte: il cinema. Qui furono infatti prodotti i primi film
italiani e, nei primi vent'anni del Novecento, il cinema fu una risorsa di
grande importanza. Il cinema a Torino coincise infatti con il primo divismo
(tra le star lanciate Lydia De Robertis, Maria Jacobini, Lydia Quaranta; tra
i film prodotti quelli tratti da Gabriele D'Annunzio) e i primi film di
grande successo nazionale e internazionale.
La nuova città industriale attraeva popolazione dalle campagne e, nei primi
anni del secolo cresceva al ritmo di 9.000 persone l'anno. Vennero
realizzati quartieri operai, fu estesa la rete viaria, furono avviati corsi
di formazione professionale. La prima guerra mondiale sorprese una Torino in
pieno sviluppo e causò prima una depressione e quindi una ripresa economica.
Ma gli unici settori che trovarono reale vantaggio alla fine della guerra
furono il siderurgico e l'automobilistico.
Gli anni che portarono al fascismo furono anche per Torino anni di crisi
sociali: le agitazioni operaie erano seguite dalle repressioni. Nel 1919
furono fondati i Fasci torinesi, nel 1922 fu bruciata la sede di Ordine
Nuovo la rivista diretta da Antonio Gramsci; poco dopo Mussolini prendeva il
potere e a Torino, a dicembre del 1922, ci fu un ulteriore violento scontro
tra fascisti e operai, che terminò con una caccia all'uomo nei quartieri di
Nizza e S. Paolo. Durante il fascismo Torino continuò la sua espansione
industriale e accolse immigrati veneti e meridionali. La politica coloniale
del regime favorì lo sviluppo della FIAT, che seppe così superare la
depressione causata dal crollo di Wall Street.
Nacquero, in questi anni, la moda, dalla tradizione delle "sartine"
torinesi, e, soprattutto, la radio italiana, che da Torino trasmetteva i
suoi programmi. Allo scoppio della seconda guerra mondiale l'industria
torinese si convertì in industria bellica e scoprì il lavoro femminile. I
bombardamenti del 1942 causarono una drastica riduzione della produzione; la
riduzione del potere d'acquisto degli operai causò, nel 1943, una rivolta. A
settembre dello stesso anno ci fu l'occupazione tedesca. La crisi del regime
e l'occupazione nazista spinsero molti giovani verso le montagne, per la
Resistenza. Il 18 aprile 1945 un grande sciopero paralizzò la città, il 26
aprile i partigiani iniziarono la liberazione di Torino, conclusasi il 30.
Il 3 maggio gli Alleati entravano in una città già liberata.
I primi anni del dopoguerra furono drammatici: patrimonio edilizio e
fabbriche erano duramente danneggiati. Il Comune divenne costruttore
realizzando, primo in Italia, nuove case popolari. La FIAT divenne un vero e
proprio centro di potere con cui la città fu costretta a confrontarsi sin
dai primi anni '50: la presenza del gigante dell'automobile aveva su Torino
grandi ricadute di reddito e ricchezza, ma determinò anche conflitti che
solo negli anni seguenti avrebbero trovato soluzione. Negli anni '50, grazie
al potente richiamo della FIAT si verificò una nuova ondata di immigrazione,
sia dalle altre regioni settentrionali (soprattutto Veneto) che dal
Meridione.
La presenza degli immigrati meridionali determinò una serie di drammatici
problemi, dall'abitazione ai servizi, a cui Torino era impreparata. Nel giro
di un decennio Torino si trovò ad essere la terza città italiana
meridionale, subito dopo Napoli e Palermo; l'arrivo disordinato e
incontrollato dei nuovi residenti causò a lungo conflitti di mentalità e
cultura, che la città ha superato nei decenni successivi, solo con grande
difficoltà. Nel 1961, anno del centenario dell'unità, Torino era una città
irriconoscibile. L'antica capitale dei Savoia superava il milione di
abitanti, era uno dei maggiori poli d'attrazione industriale d'Italia ed era
una vera metropoli economica. Gli anni '60 non sarebbero però stati facili.
Al boom economico seguirono infatti tensioni sociali che sfociarono nelle
proteste sessantottine e nell'autunno caldo degli operai.
All'inizio degli anni '70 i sindacati, che avevano ottenuto dopo l'autunno
caldo importanti vittorie contrattuali, si trovavano ad avere posizioni di
grande forza nelle fabbriche: nel 1972 l'occupazione di Mirafiori spinse la
Confindustria ad accettare le richieste dei sindacati. Nel 1975 salì per la
prima volta al potere una Giunta di sinistra, contemporaneamente la crisi
petrolifera costrinse la FIAT alle prime cassa integrazioni. Gli anni di
piombo costarono a Torino numerose vittime, tra queste, oltre a dirigenti e
operai FIAT, Carlo Casalegno, vicedirettore de La Stampa. La crisi economica
degli anni '70 ebbe il punto di svolta con la marcia dei 40.000 che chiedeva
a gran voce la riapertura dei cancelli di Mirafiori, paralizzati da 35
giorni di sciopero.
Gli anni '80 e '90, in cui si sono avvicendate giunte di sinistra,
pentapartitiche e di centro-sinistra, sono stati anni di pacificazione
sociale: ai conflitti degli anni '70 ha fatto seguito la ripresa della FIAT,
arrivata negli anni '80 a utili record grazie anche al lancio di nuovi
modelli. Il volto di Torino è ulteriormente cambiato: i processi di
ristrutturazione industriale hanno ridimensionato l'impiego nelle industrie
a favore del terziario. Le dimensioni delle imprese sono diminuite, la
ricerca, i servizi alle imprese, la finanza e la cultura sono i settori in
cui Torino sta cercando nuove opportunità di crescita. La popolazione è
diminuita: il censimento del 1991 segnala che i torinesi sono oggi meno di
un milione.
Tra i nuovi torinesi figurano, nei primi anni del nuovo millennio, decine di
migliaia di immigrati provenienti dall'estero, soprattutto Marocco, Senegal,
Nigeria, Albania. La loro presenza ha sconvolto la società pacificata degli
anni '80 e ha cambiato il volto di interi quartieri come S. Salvario e Porta
Palazzo. La sfida di Torino, impegnata a diventare polo d'attrazione
culturale, turistico e del terziario, è l'integrazione dei suoi nuovi
abitanti, diversi per lingua e religione, ma probabilmente nuova fonte di
ricchezza e di scambio. Ed è una sfida che l'antica colonia romana, crocevia
di strade e di persone, intende vincere in questo suo terzo millennio di
storia.
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